Imprese a capitale misto e svolgimento di un pubblico servizio, dovuta la contribuzione CIG
Una Corte di appello territoriale, confermando la sentenza del Tribunale di prime cure, aveva rigettato l’opposizione proposta da una società esercente pubblico servizio, avverso la cartella esattoriale con la quale le era stato ingiunto il pagamento in favore dell’Inps di contributi per Cigo, Cigs e mobilità, oltre a sanzioni e interessi.
Avverso la decisione, la medesima società ricorre così in Cassazione, lamentando che in ragione del peculiare oggetto sociale, ovvero la gestione di un pubblico servizio, della presenza di capitale pubblico, della “assoluta dominanza” dell’ente pubblico, dell’assoggettamento al regime di concessione pubblica, non si prestava ad essere inquadrata, come invece avvenuto nella decisione impugnata, nell’ambito della normale società per azioni di diritto comune. In altri termini, rilevato che, per la gestione di servizi, reti, impianti e beni, gli enti locali sono tenuti ad avvalersi di soggetti allo scopo costituiti nella forma di società di capitali con la partecipazione maggioritaria dei predetti enti, anche associati (art. 34, L. n. 448/2001), ciò avrebbe implicato che la società ricorrente dovesse essere annoverata nell’ambito delle “imprese industriali degli enti pubblici, anche se municipalizzate”, con esonero dall’applicazione delle norme sull’integrazione dei guadagni degli operai dell’industria (art. 3, D.Lgs.C.P.S. n. 869 del 1947).
Per la Suprema Corte il ricorso non è fondato. Secondo il consolidato orientamento di legittimità (ex multis, Corte di Cassazione, sentenza n. 14847/2009), in tema di contribuzione previdenziale, le società a capitale misto, ed in particolare le società per azioni a prevalente capitale pubblico, aventi ad oggetto l’esercizio di attività industriali, sono tenute al pagamento dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità, non potendo trovare applicazione l’esenzione stabilita per le imprese industriali degli enti pubblici. Si tratta, infatti, di società di natura essenzialmente privata, finalizzate all’erogazione di servizi al pubblico in regime di concorrenza, nelle quali l’amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, e restando irrilevante, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, la mera partecipazione, pur maggioritaria, ma non totalitaria, da parte dell’ente pubblico. La forma societaria di diritto privato è per l’ente locale la modalità di gestione degli impianti, consentita dalla legge e prescelta dall’ente stesso per la duttilità dello strumento giuridico, in cui il perseguimento dell’obiettivo pubblico è caratterizzato dall’accettazione delle regole del diritto privato. Altresì, la finalità perseguita dal Legislatore nazionale e comunitario nella promozione di strumenti non autoritativi per la gestione dei servizi pubblici locali è specificamente quella di non ledere le dinamiche della concorrenza, assumendo rilevanza determinante, in ordine all’obbligo contributivo, il passaggio del personale addetto alla gestione del servizio dal regime pubblicistico a quello privatistico.